È tra i peggiori d’Europa e rischia di ostacolare lo sviluppo dell’impresa femminile: i dati sul gender gap italiano.

È la solita storia di disparità di genere che sentiamo (e viviamo) da centinaia di anni. Ma questa volta se ne parla in relazione all’informatizzazione e alla tecnologia. Secondo il report della Commissione Europea sulla disparità di genere nel settore dell’high tech “Women in digital” il gender gap delle italiane è tra i maggiori del continente. Una situazione che può seriamente ostacolare, o perlomeno rallentare, lo sviluppo dell’impresa femminile.

Sembra a dir poco anacronistico che nell’era in cui siamo connessi h24 ci possa essere disparità tra uomo e donna nell’accesso alla tecnologia. Eppure il report “Women in digital” parla chiaramente di gender gap: ad intraprendere la strada degli studi scientifici sono in maggioranza gli uomini.

Di rimando sono sempre gli uomini a ricoprire ruoli di primo piano nelle aziende del settore. Se non si corre ai ripari, diciamo addio alla diffusione delle donne manager, delle startup “in rosa” e dell’impresa femminile, almeno nel settore hi-tech.

 

Siamo in gamba ma non lo sappiamo

Il report dimostra che il gender gap non ha limiti di età e riguarda anche i più giovani, i cosiddetti nativi digitali, ma la sua conformazione è del tutto peculiare. Nella generazione under 25, infatti, sono le ragazze a dimostrarsi più capaci: le loro competenze digitali superano quelle dei coetanei maschi, eppure non ne hanno consapevolezza. Le ragazze si mettono in discussione, dubitano di se stesse. Questa insicurezza può essere alla base della scelta di facoltà non tecnologiche e della difficoltà a pensare di mettersi in proprio e fare impresa femminile.

Insomma, un gender gap che non si riferisce fisicamente all’accesso alla tecnologia, che oggi non ha sesso. Più che altro è un gender gap psicologico. Come si legge nel report “una maggiore partecipazione delle donne al settore tecnologico favorirà l’economia e consentirà la loro piena partecipazione alla società”. Ma per questo, a quanto pare, le donne hanno bisogno di essere incoraggiate e rese più sicure di loro stesse e consapevoli delle loro capacità.

 

L’analfabetismo tecnologico italiano è un altro problema

In Italia si registra anche un altro tipo di gender gap in rapporto alla tecnologia. Il report “Woman in Digital” colloca l’Italia al 25° posto su 29 in materia di alfabetizzazione tecnologica. Basta pensare che nel nostro Paese le utilizzatrici di internet sono il 57 % contro il 66% degli uomini. Leggendo questi numeri non stupisce affatto sapere che anche per i dati relativi all’impresa femminile siamo indietro rispetto ad altri paesi europei. E se a questo aggiungiamo la mancanza dell’informatizzazione di base, capiamo che siamo davanti ad un allarmante gender gap che va colmato al più presto.

 

Servono politiche di investimento per ridurre il gender gap

Le donne si sentono meno capaci degli uomini, l’impresa femminile cresce ad un ritmo più lento di quella maschile, le donne in posizioni di comando sono la metà dei colleghi uomini. Questa una sintesi del gender gap europeo e italiano nel settore tecnologico.

Eppure la stessa ricerca che porta alla luce questo divario mostra che le startup digitali di proprietà femminile hanno maggiori probabilità di avere successo rispetto a quelle delle loro controparti maschili; e che gli investimenti nell’impresa femminile hanno un rendimento del 63% migliore rispetto a quelle esclusivamente maschili.

Basta questo per capire che ci serve solo un po’ di incoraggiamento. Il gender gap si può superare, ma servono politiche di investimento. Bisognerebbe cominciare dalle scuole, per far capire alle bambine che sono capaci e non hanno nulla in meno dei ragazzi. E poi proseguire dando fondi alle donne con idee brillanti con vogliono fare impresa femminile.

Qualcosa in Italia si è mosso, con la legge 215 del 1992 denominata “Azioni positive per l’imprenditoria femminile”, ma evidentemente è necessario fare ancora di più.