Femtech: può una tecnologia sviluppata dagli uomini aiutare le davvero le donne?

 

La tecnologia digitale per la salute conosce davvero le donne o l’assoluta assenza di parità di genere nelle aziende tecnologiche non consente alla femtech di realizzare soluzioni capaci di aiutare il mondo femminile?  

 

Anche se il concetto di parità di genere è un cavallo di battaglia di molte aziende tecnologiche, a quanto pare lo è solo a parole, perché il campo risulta ancora fortemente dominato dagli uomini. A parlare sono i numeri: le donne detengono solo l’11% delle posizioni dirigenziali presso le società della Silicon Valley e solo il 5% delle start-up. Inoltre, nel 2017, solo il 15% circa dei ruoli tecnologici su Twitter era occupato da donne e quel numero era leggermente migliore su Facebook (17%), Google (19%), Microsoft (18%) ed eBay (24%). 

 

Non è certo un quadro che mostra parità di genere nel mondo della tecnologia! Allora non stupisce affatto che la tecnologia di salute digitale femminile, detta femtech, non sia ancora all’altezza delle aspettative delle donne. Molte applicazioni sul mercato, infatti, come quelle di monitoraggio del ciclo mestruale e delle fertilità, non sono considerate attendibili, e il motivo all’origine può essere il fatto che siano state progettate e sviluppate da uomini, senza consultare a sufficienza il target a cui sono destinate. 

 

Femtech: a progettarla ci vogliono le donne

 

Se nell’industria tecnologica il 63% dei ruoli entry-level e l’85% delle posizioni dirigenziali senior ricadono su uomini in barba alla parità di genere, come ha rilevato il rapporto del 2016 di McKinsey, ci sono ottime probabilità che le questioni femminili non possano farsi strada. Lo scenario migliore è che i prodotti femtech vengano ugualmente realizzati, ma senza successo. 

 

Per capire di cosa stiamo parlando basta ricordare una conversazione su Twitter raccontata da Lisa Gualtieri, fondatrice di RecycleHealth. Un uomo si chiedeva: “Non vedo perché qualcuno debba avere bisogno di un @fitbit quando gli smartphone monitorano l’attività”. La semplice risposta di una donna è stata: “La maggior parte degli abiti da donna non ha tasche”.

 

Ovvio, giusto? Ma solo se sei una donna puoi considerarlo ovvio. Ed ecco spiegato in poche parole perché nelle aziende tecnologiche c’è bisogno di una maggiore parità di genere. Una più grande presenza femminile consentirebbe di sviluppare più prodotti femtech, un mercato che potrebbe valere oltre 50 milioni di dollari nel 2025, e potrebbe fare in modo che quei prodotti femtech rispondano davvero alle esigenze femminili. 

 

Parità di genere nelle aziende tecnologiche: si può fare di più

 

Anche se l’industria tecnologica ha notato che esiste un problema di parità di genere per cui c’è carenza di donne in posizioni di leadership, gli interventi correttivi non sembrano tempestivi. 

 

Negli ultimi 3 anni, circa 1 miliardo di dollari è stato versato nella femtech, ma solo il10% del denaro degli investitori è destinato a start-up guidate da donne. Il rischio (alto) è quello di “bruciare” molti soldi in applicazioni e dispositivi che non avranno il successo sperato nella popolazione femminile e che quindi falliranno miseramente. E uno scenario del genere potrebbe portare l’industria tecnologica ad abbandonare i prodotti per le donne.

 

E se bastasse lasciar progettare alle donne la tecnologia dedicata alle donne per realizzare prodotti di enorme successo?